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ALTAVILLA MILICIA PALERMO MENTRE MASSACRAVA LA MADRE E I FRATELLI CONTINUAVA A MANDARE SMS ALL’AMICA

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Viene descritta come «lucida e calma» la 17enne che ha confessato di aver partecipato alle torture e agli omicidi di sua madre, Antonella Salamone, e dei suoi fratelli più piccoli. Mentre nella casa di Altavilla Milicia, nel Palermitano, Giovanni Barreca torturava a morte sua moglie e i due figli, per «liberarli dal demonio», la ragazza chattava con le amiche. Quando i carabinieri sono arrivati nella casa, lei dormiva nella sua stanza. In quella accanto c’erano i cadaveri dei due fratelli, Emmanuel e Kevin, di cinque e 16 anni. Poche ore prima, aveva partecipato alle ultime fasi del rito violento di esorcismo con suo padre e i due complici, Sabrina Fina e Massimo Carandente. Torture andate avanti per giorni, durante i quali la ragazza non avrebbe mai fatto nulla per fermare quegli orrori: «A un certo punto ho capito che non volevo continuare – ha raccontato ai magistrati – non mi piaceva ma non ho fatto nulla per salvarli». Sua madre aveva anche cercato in lei un aiuto, chiedendole di chiamare i carabinieri. Ma la ragazza si sarebbe rifiutata. Quella che si pensava fosse l’unica sopravvissuta alla strage è ora in carcere, accusata di omicidi pluriaggravati e soppressione di cadavere. Alla procuratrice per i minorenni di Palermo, Claudia Caramanna, la 17enne ha raccontato con precisi dettagli che cosa è successo in casa sua nelle settimane precedenti. Un racconto lucido, scrive Repubblica, iniziato dall’incontro con la coppia: «All’inizio di febbraio, mamma ha conosciuto Massimo Carandente e Sabrina Fina. Sin da subito dicevano che in casa nostra c’erano troppi demoni. Allora hanno iniziato a interrogarla, chiedendole chi fosse cosa volesse. Le davano schiaffi e papà li aiutava». La donna era stata anche costretta al digiuno dai due fanatici religiosi, finché quella sorta di esorcismo non è entrato nella fase ancora più violenta: «Sono passati a torturarla, con una pentola. E volevano che lo facessi pure io. Ma all’inizio mi sono rifiutata e ho colpito mamma solo con un guanto di plastica». Durante i giorni in cui sua madre e i suoi fratelli venivano torturati, la 17enne ha sempre avuto il cellulare con sé. Lo conferma la giudice Alessandra Puglisi che ha disposto la custodia in carcere minorile: «L’indagata ha sempre avuto a disposizione il telefono e, pur non andando a scuola, ha continuato a mantenere contatti con una compagna. E quando la madre le ha chiesto aiuto e le ha detto di chiamare i carabinieri, lei non lo ha fatto». E poi ha anche aiutato a far sparire il cadavere di sua madre: «L’abbiamo avvolto in una coperta e messo sopra un legno – ha spiegato la ragazza – Poi, quel che è rimasto l’abbiamo seppellito». La coppia di fanatici avrebbe convinto anche la ragazza di avere bisogno di un esorcismo. Lei stessa racconta che i due «mi avevano convinto di essere pure io vittima di una maledizione da parte della mamma e della nonna. Mi hanno fatto bere moltissimo caffè e poi mi hanno fatto vomitare. Ero convinta di aver vomitato i capelli di mia madre, che da piccola mi picchiava, e della nonna». Fina e Carandente, che ormai vivevano nella casa di Barreca, sembravano convinti che la 17enne avesse bisogno di un esorcismo: «Avevano iniziato a farmi tante domande per vedere se fossi anche io un demone. Ho pure sentito che avevano raccomandato a mio padre di chiamare la polizia e accusarmi di tutto quello che era successo». Nell’ordinanza di custodia cautelare della 17enne si ricostruisce che per una intera settimana è stata torturata Antonella Salamone, la prima vittima del rito di esorcismo della coppia di fanatici religiosi e Barreca. Questi poi hanno coinvolto la ragazza nelle torture «per il bene della famiglia». Salamone è stata prima picchiata con una pentola, poi ustionata con delle pinze da camino e con l’asciugacapelli incandescente. L’orrore si è ripetuto quasi identico per il piccolo Emmanuel. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la 17enne teneva fermo il fratellino, che aveva legato al letto con l’aiuto del padre. Poco prima avevano costretto il bambino a bere latte e caffè in grande quantità. L’ultimo a morire è stato il 16enne Kevin. La sorella racconta che «soffriva per il dolore, lo avevano legato al collo con una catena arrugginita e dei cavi elettrici. Gli adulti mi hanno detto di saltargli sulla pancia e l’ho fatto – ha raccontato la ragazza.

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