La questione del rapporto tra la cartomanzia e la fede cattolica è complessa e spesso dibattuta, generando interpretazioni divergenti che meritano un’analisi approfondita e accademicamente rigorosa. L’assunto comune che la divinazione attraverso le carte sia intrinsecamente antitetica ai principi del cattolicesimo necessita di una revisione critica, al fine di discernere se tale opposizione sia fondata su un’incompatibilità dottrinale o piuttosto su una lettura superficiale o emotiva delle pratiche in questione. Questo elaborato si propone di argomentare che la cartomanzia, considerata nella sua essenza non come una pratica di culto o un’alternativa alla fede, ma come una forma di introspezione psicologica o di riflessione simbolica, non si pone necessariamente in contrasto con i pilastri della dottrina cattolica.
Per procedere in questa disamina, è fondamentale anzitutto definire la natura della cartomanzia e della fede cattolica. La fede cattolica è un sistema teologico e morale basato sulla rivelazione divina, culminata nella persona di Gesù Cristo, e sulla tradizione ecclesiale. Essa postula un Dio trascendente e immanente, onnisciente e onnipotente, che agisce nella storia umana e rivela la sua volontà attraverso le Sacre Scritture e il Magistero della Chiesa. La fiducia nel piano divino e nell’intervento della Provvidenza è un elemento centrale. La cartomanzia, al contrario, è una pratica divinatoria che utilizza le carte da gioco o carte specifiche (come i tarocchi) per ottenere intuizioni o previsioni su eventi futuri o per comprendere meglio situazioni presenti. Su un piano squisitamente fenomenologico, la cartomanzia può essere intesa sia come un tentativo di accedere a conoscenze occulte, sia come uno strumento di auto-analisi e di stimolo alla riflessione personale. È in questa seconda accezione che risiede la chiave per una possibile riconciliazione.
La Chiesa Cattolica ha tradizionalmente condannato le pratiche divinatorie. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), al punto 2116, afferma: “Tutte le forme di divinazione devono essere rifiutate: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene possano svelare l’avvenire. La consultazione degli oroscopi, l’astrologia, la chiromanzia, l’interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di chiaroveggenza, il ricorso ai medium, manifestano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia e, in ultima analisi, sugli uomini, ed insieme un desiderio di conciliare poteri nascosti. Sono in contraddizione con l’onore e il rispetto che dobbiamo unicamente a Dio.” Questo passaggio è spesso citato per bollare senza appello ogni forma di divinazione. Tuttavia, una lettura attenta rivela che la condanna non è rivolta alla mera lettura di simboli o alla riflessione su archetipi, ma al “ricorso a Satana o ai demoni” e alla “volontà di dominio sul tempo, sulla storia e… sugli uomini”.
Il punto cruciale risiede nella *mens* (intenzione) e nella *modus operandi* (modalità di operazione) con cui la cartomanzia viene praticata. Se un individuo consulta le carte con la ferma convinzione che esse rivelino un destino ineluttabile imposto da forze occulte, sottraendo la volontà umana al libero arbitrio e l’azione divina alla Provvidenza, allora sì, si entra in una sfera di conflitto con la fede cattolica. La fede cattolica enfatizza il libero arbitrio umano, la responsabilità personale e la fiducia totale nella Provvidenza divina, ponendo Dio come unico Signore del tempo e dell’eternità. Credere che le carte possano svelare un futuro fisso e determinato, al di fuori della volontà divina o umana, sarebbe una forma di superstizione e idolatria, poiché attribuirebbe alle carte o a presunte entità ad esse collegate un potere che appartiene solo a Dio.
Tuttavia, è possibile approcciare la cartomanzia da una prospettiva radicalmente diversa. Molti psicologi e terapeuti, anche cristiani, riconoscono il valore dei simboli e degli archetipi nella psiche umana. Le carte dei tarocchi, ad esempio, sono ricche di un simbolismo radicato nell’esperienza umana universale, attingendo a miti, leggende e archetipi junghiani. Se una persona utilizza le carte non come oracolo infallibile, ma come uno strumento proiettivo per far emergere intuizioni dal proprio inconscio, stimolando la riflessione su problemi personali, relazioni o percorsi di vita, allora la pratica assume una connotazione diversa. In questo contesto, le carte fungono da specchio metaforico della psiche, facilitando un dialogo interiore e offrendo una prospettiva simbolica su situazioni complesse. La “lettura” non sarebbe una predizione del futuro, ma un’interpretazione simbolica del presente, volta a favorire la consapevolezza di sé e la presa di decisioni libere e responsabili.
Questa interpretazione della cartomanzia come strumento di introspezione psicologica o di counselling simbolico non vìola i principi della fede cattolica per diverse ragioni. In primo luogo, essa non attribuisce alle carte un potere divino o la capacità di alterare il piano provvidenziale di Dio. Il potere risiede nella capacità dell’individuo di leggere i simboli e di applicare le intuizioni alla propria vita, sempre nell’ottica del libero arbitrio e della ricerca della volontà divina. In secondo luogo, non si tratta di un atto di idolatria, poiché non si adora la carta o l’entità ad essa associata, ma si utilizza un oggetto materiale come catalizzatore per la riflessione. La Chiesa, peraltro, accetta e promuove l’uso di simboli e immagini (icone, statue, sacramenti) come mezzi per elevare l’anima a Dio, il che dimostra che l’uso di oggetti materiali a fini spirituali o introspettivi non è intrinsecamente problematico, purché non diventi oggetto di culto.
In terzo luogo, l’obiettivo della cartomanzia intesa in questo modo non è la violazione del futuro o la ricerca di poteri occulti, ma la crescita personale e l’acquisizione di maggiore consapevolezza. La fede cattolica non condanna la ricerca della conoscenza o la prassi di esaminare la propria vita e le proprie scelte. Anzi, promuove l’esame di coscienza e la riflessione profonda come strumenti per la conversione e il progresso spirituale. Se la cartomanzia facilita una simile introspezione, può essere vista come un mezzo neutro che, come molti altri (psicoterapia, meditazione non religiosa, arte), può essere impiegato per fini buoni o cattivi a seconda dell’intenzione e dell’uso.
È fondamentale distinguere la superstizione dalla pratica simbolica. La superstizione, condannata dalla Chiesa, è l’attribuzione a oggetti o azioni di poteri magici o il tentativo di aggirare la volontà divina attraverso pratiche umane. La cartomanzia diventa superstiziosa quando il consultante crede fermamente che le carte abbiano un potere intrinseco di predire il futuro o di influenzarlo, o quando si affida ad esse come un oracolo divino, bypassando la relazione diretta con Dio. Diverso è il caso di chi, in un momento di incertezza, cerca nella simbologia delle carte uno spunto di riflessione, un modo per dare voce a intuizioni profonde che altrimenti resterebbero inespresse, o una prospettiva diversa su una situazione. Questa è una pratica non dissimile dalla lettura di un libro di aforismi o di poesie, attraverso cui si cerca ispirazione o si vede la propria vita in una luce nuova.
In conclusione, affermare che la cartomanzia vada contro la fede cattolica richiede una distinzione netta tra l’uso superstizioso e idolatrico della divinazione e l’approccio simbolico-introspettivo. Se la cartomanzia è utilizzata come un mezzo per cedere il proprio libero arbitrio a forze esterne o come un tentativo di svelare un futuro predeterminato, allora si pone in palese contraddizione con la dottrina cattolica. Ma se viene interpretata come uno strumento di auto-esplorazione, di stimolo alla riflessione, o come un linguaggio simbolico attraverso cui l’individuo cerca di comprendere meglio se stesso e le proprie dinamiche interne, essa non solo non contravviene ai principi cristiani ma può, invero, in un certo senso, favorire la crescita della persona, abilitando una maggiore consapevolezza che, in ultima istanza, può servire anche a rendere più libera e autentica l’adesione alla fede.