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I SEGRETI DI BERLUSCONI

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Le ville di Berlusconi valgono una fortuna familiare e dinastica, ma sono state spesso, almeno alcune, il teatro di un’epopea politica, geopolitica, giudiziaria, antropologica, affaristica, erotica, italiana. Secondo l’ultima dichiarazione patrimoniale del Cavaliere, del 2022, il suo imponibile era quasi 18 milioni (17.697.119 euro), ma le sue residenze dirette da sole valgono tra i 100 e i 150 milioni, dalla Villa di Arcore a quella di Macherio, e poi ci sono le case per le vacanze a Porto Rotondo e a Cannes con un valore stimato di 500 milioni.

Da Villa San Martino ad Arcore a Villa Belvedere a Macherio, da Villa Campari (sul lago di Como) a Villa Zeffirelli sull’Appia antica, Immobiliare Idra, la società controllata integralmente da Silvio Berlusconi (i primi due figli ne possiedono solo lo 0,5%), ha in pancia (almeno) 412 milioni di euro. I soli costi di gestione di queste residenze sono 24 milioni di euro all’anno. Il 60% di Brianzadue vale un’altra trentina di milioni (Villa Sottocasa di Vimercate e Villa Gernetto a Lesmo).

Le società immobiliari (Holding Immobiliare e H14 Spa) sono dentro una finanziaria (Fininvest) con cui la famiglia Berlusconi controlla il 50% di Mfe-MediaforEurope (insomma, Mediaset), il 53,3% della Mondadori, il Teatro Manzoni, il Monza Calcio. Qualcosa che non è azzardato stimare intorno ai sei miliardi complessivi.

Flavio Carboni, condannato per il crac del Banco Ambrosiano, ha dichiarato nel 2017: «L’acquisto di Villa Certosa? Un furto, una rapina. Lo venni a sapere quando ero in carcere a Parma e mandai telegrammi a Berlusconi, Dell’Utri, Confalonieri, diffidandoli dal comprarla. Diedero al mio assistente Emilio Pellicani mi pare 800 milioni di lire, ma non corrispondevano neanche a un ventesimo del suo valore».

Eppure ricordava con rimpianto quegli anni in cui cominciarono i suoi rapporti immobiliari con Berlusconi: «Eravamo ragazzi, ci siamo presi subito. Cominciai col vendergli, nel ’72, centomila metri cubi nel cuore di Porto Rotondo». Villa Certosa è poi diventata leggenda, le foto con Vladimir Putin e le sue due figlie nel 2003, la bandana di Berlusconi accanto a Tony Blair, le grazie del premier ceco Topolanek nudo in giardino in chissà quale after party, le foto di Zappadu e l’inizio della stagione delle feste con tante ragazze molto giovani.

La Villa ha 4.500 metri quadri, 126 stanze, parco di 120 ettari con duemila cactus, palme e labirinto di camelie, cinquecento ibiscus, un agrumeto con varietà di agrumi di tutto il mondo, più un anfiteatro stile greco-romano. E anche un finto vulcano (che un ferragosto eruttò, spaventando i vigili del fuoco locale). Nel 2021 la villa è stata valutata 259 milioni di euro.

Non meno fantasmagorica, ma più sinistra, è la storia di Villa San Martino. O più semplicemente: Arcore. Apparteneva al marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, che si suicidò il 30 agosto 1970, dopo aver ammazzato la moglie e il suo amante. La proprietà passò alla giovanissima figlia Anna Maria, che fu messa sotto tutore.

Il tutore divenne ministro del governo Andreotti, allora la pratica passò al pro tutore, che poi diventò il legale della Casati Stampa, nel frattempo trasferitasi in Brasile. E chi era questo avvocato, che di fatto vendette la Villa? Cesare Previti. In una vicenda non certo economicamente conveniente alla giovine donna: valutata 1 miliardo e 700 milioni dell’epoca, la villa (compresi pinacoteca e biblioteca di diecimila volumi) fu ceduta per 500 milioni di lire in titoli azionari. L’ereditiera per monetizzare questi titoli dovette accordarsi con gli acquirenti, che li riacquistarono per 250 milioni.

Fu allora che Marcello Dell’Utri, il bibliotecario, comparve significativamente sulla scena. E con lui lo stalliere della villa di Arcore Vittorio Mangano. Dell’Utri torna anche nella storia di un’altra villa, Villa Comalcione, a Torno, una residenza di 30 locali, campo da tennis, spiaggia privata, che Berlusconi comprò appunto nel 2012 dall’amico siculo per 21 milioni di euro, quando ne valeva 9. Sebbene fosse stata ipotizzata un’estorsione di Dell’Utri, non fu mai provato il reato.

Così come non fu mai provato il sospetto di esterovestizione nell’acquisto di una (anzi probabilmente sette ville) ad Antigua, per il quale furono notate operazioni che suscitavano domande: Berlusconi aveva bonificato circa 20 milioni al conto di una oscura società venditrice nella discussa Banca Arner, ma nei registri caraibici risultava aver acquistato solo 4 acri di terreno.

Ma di ville esotiche restò famosa l’altra, alle Bermuda, Villa Blue Horizon, per la foto di Berlusconi che fa jogging con Letta, Confalonieri, Dell’Utri, Galliani e Bernasconi vestiti da marinaretti. Alcune ville sono state pezzi di storia sentimentale, anche nel triste divorzio con Veronica Lario. Villa Belvedere a Macherio, comprata in un’asta assai propizia nell’88 dalla Provincia di Milano, dove Veronica Lario visse a lungo prima del divorzio (dopo il divorzio i conti di gestione li avrebbe dovuti pagare lei, cosa problematica, cifre attorno a 1,8 milioni l’anno per i venti dipendenti).

Un’altra villa, a Cannes, La Lampara, 500 metri quadrati, 2 mila di giardino, piscina e vista mare fu comprata per 3,55 milioni. Ogni villa è stata un sogno (realizzato), un affare (a volte, eufemismo, intricato), un pezzo di famiglia (quella di via Rovani, o la casa di mamma Rosa in viale San Gimignano a Milano).

Un capriccio, come quando comprò villa Lampedusa e disse «sono diventato lampedusano»: la più piccola, Villa Due Palme su Cala Francese, nell’isola di Lampedusa, otto posti letto e ampio giardino, dove va spesso il figlio minore Luigi. O un tramonto, come Villa Zeffirelli sull’Appia antica, acquistata per 3 milioni di euro nel 2001 e prestata in comodato d’uso gratuito fino al 2019 al regista, dove un malinconico Cavaliere teneva i sempre più sfinenti vertici di Forza Italia del declino.

Si era certo divertito di più a Portofino. «C’è una foto – racconta Maurizio Raggio, ex compagno della contessa Francesca Vacca Agusta, grande amico di Bettino Craxi e poi appunto di Berlusconi – indicativamente dovrebbe essere il 1986: avevo conosciuto Berlusconi e ci eravamo visti a Portofino, mi aveva chiamato qualche giorno prima se potevo aiutarlo perché voleva comprare una casa».

C’erano due ville, ma non andavano bene. Poi a Berlusconi venne l’idea: «Si mise a ridere e mi disse: parlane con Francesca (la contessa Vacca Agusta, che possedeva Villa Altachiara, la villa che svetta su Portofino). Io sorrisi e gli risposi “lo sai che Francesca non vende”. Da lì in poi la villa scelta divenne quella di Paraggi».

Qualche anno dopo il tragico suicidio della contessa, ironia di una storia di case miliardarie in cui Berlusconi si è trovato spesso vicino di casa con arabi e russi, villa Altachiara è stata invece comprata da un russo che, secondo l’Fbi, è un prestanome dello yacht di Putin.
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